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Era in Liguria o giù di lì, una spiaggia con i sassolini comunque.

Il mio lui era niente di meno che il bagnino. Una delle figure più belle che si aggirassero per la Liguria in quei bei tempi andati.

Moro, come da requisito sine qua non, muscoloso, sorriso, simpatico. Bello da dare persino rabbia.

Tra noi andava tutto a meraviglia. Attento, dolce, presente per quanto gli fosse possibile, educato con i miei, che in tutta risposta, lo adoravano il giusto.

Per dire, ordinava per me prelibatezze al bar del “Bagno qualche cetaceo che non ricordo“, fissandomi negli occhi, come a sottolineare “i tuoi gusti sono i miei gusti“, mi osservava rapito mentre divoravo tutto in tre minuti e mezzo e mi riaccompagnava alla sdraio tenendomi per mano, d a v a n t i  a  t u t t e, pure alle svedesone.

Ossia, l’apoteosi della meraviglia.

Unica nota stonata, lui aveva vent’anni suonati ed io non arrivavo a nove.

Mi offriva gelati e pizzette con la tessera dipendente, solo perché ero un “cartone animato, madonna che occhioni” e mi riaccompagnava alla sdraio solo per evitare che mi perdessi tra l’ombrellone dei Baroni Fantoni, che avevano un debole per me, ma non erano per nulla raccomandabili, e quello delle sorelle Rovella, che invece indebolivano me con la loro trousse di trucchi waterproof.

Quindi, come d’uopo, volevo morire d’amore impossibile.

A quel tempo scorrazzavo per il Bagno Cetaceo al fianco di una bambina più piccola di me, Sabrina. Che era una tipaccia e in fin dei conti, se non fossi io stata un pozzo di etica e rettitudine fin dai pannolini, avrebbe potuto influire sulla mia buona educazione e strattonarmi fuori dalla retta via.

Era figlia di divorziati e vantava una grossa cicatrice sulla faccia, procuratale dal morso di un dobermann incazzato, il suo dobermann incazzato, che inspiegabilmente seguitava ad essere il padrone di casa, anche dopo il malaffare.

Lei comunque aveva piani per ucciderlo. Che perfezionava con me, solo dopo avermi fatto bere acqua del mare mescolata a unghie, per convincermi al silenzio. Quello che si dice una brava bambina.

Al tempo viveva con la madre e il padrigno, definibile anche hobbit, che era un amico di mio padre, il quale aveva ancora la fortuna di essere vivo.

Ricordo Sabrina soprattutto per il suo spirito cameratesco.

Io: “Lo amo Sabrina e lui mi vede solo come una bambina, voglio morire”.

E lei:  “Sii più specifica”.

E io: “Voglio ammazzarmi, così, guarda”.

E dopo aver preso una manciata di quei sassolini di merda che ricoprivano la spiaggia, me li tiravo forte in faccia. Ma non morivo mai. 

E lei : “Secondo me muori di più se ti li tiro io. Cerco di lapidarti nei punti vitali”.

E io: “Ma no! Cazzo è drammaturgia”.

Alle volte quando ripenso a questa scena, confondo Sabrina con mia madre.

Ma credo che l’originale fosse con Sabrina.

Mia madre doveva averne già abbastanza di me che la imbarazzavo ad ogni cena casalinga con gli amici a Milano. O dovunque.

Infatti, mentre tutti i bravi figli delle altre coppie, durante queste giovali cene tra amici, si riunivano in una stanza sufficientemente lontana dalla tavola degli adulti, per giocare quasi sempre alla mafia, io rimanevo impiantata a un lato del tavolo,con le braccia lungo i fianchi e le mani chiuse a pugno come una delle gemelle di Shining e fissavo uno dei commensali, amico dei miei, del quale ero perdutamente innamorata, d’inverno.

Sapevo, senza contraddittorio, di essere a lui destinata, perché una volta gli cadde la forchetta e guardandomi dritto negli occhi, mentre lo stolkavo ante litteram, mi disse: “me ne porti un’altra pulita, tesoro?”

Credo che, nel fissarlo, non battessi neanche le palpebre, perché l’effetto “amami, dai amami subito” fosse più incisivo. Insomma, un incubo.

Questo tentativo di ipnotizzare la mia vittima durava sempre una quantità di minuti superiore all’accettabile. Quindi interveniva quella povera donna, che mi aveva come figlia.

Lei: “Senti piantala, comincia a sembrare che abbia fatto una figlia cretina”.

Io: “Non mi importa, lo amo”.

Lei: “Va bene, ma mentre lo ami non puoi andare di là con quegli altri cristiani?”.

Io: “Giocano alla mafia”.

Lei: “Pure loro però non è che aiutano”.

Lui: “Ma no, non importa, fate pure teatro. E poi è un’amore di bimba. Dimmi, occhioni, cosa vuoi fare da grande?”.

Io: “Tua moglie, la madre dei tuoi figli, la tua vedova”.

Lui: Si strozza

Loro, gli altri commensali: Manovra di Heimlich

Lei: “Ma porca puttana, Ylenia!”.

Poi, disperata.

Lei: “Vuoi assaggiare un po’ di questo salmone? E’ BUONISSIMO”.

Io che mi vedo seduta in braccio, ancora più vicino all’amore sopravvissuto all’asfissia, accetto.

Lei: “Com’è?”.

Io: “Sa di straccio”.

Lei: “Senti non è che sei fai la stronza lo conquisti eh!”.

(Ripeto, nel caso vi fosse sfuggita la sacralità del momento: mia madre dice ad una bambina di 9 anni, innamorata fino alla midollo “Senti non è che sei fai la stronza lo conquisti eh!”).

Ecco come si disegnano destini. Grazie al peggior consiglio di una madre ingenua, acerba e che si era francamente rotta i coglioni.

Passeranno altri quattro anni prima di ricevere il secondo peggior consiglio, a ben vedere pure più dannoso del precedente, riassumibile in queste sette innocenti parole: “Usa pure il rasoio di tuo padre”.

(Ripeto: 13 anni, primi moti di femminilità: “Usa pure il rasoio di tuo padre”.

Allora se non mi volevi, mi davi in adozione, no?).

A sua discolpa devo ammettere che mi ha dato anche tanti buoni consigli, come ad esempio: “Sì, iscriviti pure a Lettere Classiche, che è una carriera molto utile”.

Però ora sorvoliamo, che altrimenti mi intenerisco.

Dicevo, perdutamente innamorata. Del bagnino, dell’amico e di molti altri ancora.

Mi sono persa spesso, salvo ritrovarmi appena incontravo un nuovo amore.

Questa fissa me la sono portata dietro fino a sempre, compreso oggi, direi.

La necessità di averti, te o qualcuno. Di avere.

Fino a quando sono stata in Italia, credo di non essere in grado di contare le vittime che questa necessità ha lasciato sul campo di battaglia. Comunque chi ne usciva sempre più a pezzi ero io, ma credo sia una roba dell’esercito femminile. Ipotizzo, non lo so. Mi baso su quello che vedo e ho visto. Non vi incazzate.

In Spagna invece è arrivata a farmi sposare un uomo che prima non voleva il matrimonio, poi un figlio sì, un figlio no, un figlio forse, dai sì, dai no, definitivamente no. Dal quale poi ho divorziato per questa definitiva ragione. E anche perché non si scopava da un tempo definitivamente ridicolo, che non è proprio l’ultimo dei dettagli.

Come non lo è che lui ora abbia una figlia con una femmina di dieci anni più giovane di me.

Ma non ci penso, perché volevo finire il pezzo stasera e non finire in prigione.

Però dopo il divorzio è iniziato il bello. Il bello vero. Il bello antropologico. Il bello sociologico. Il bello senza selezione all’ingresso. E’ iniziato TINDER.

Non racconto volutamente la storia di un anno con un pazzo psicopatico, il quale non ha ricevuto il giusto affetto materno in pubertà e  ha pertanto l’obbligo morale di farla pagare a tutte le femmine che acchiappa sul suo cammino, perché ne uscirei veramente male.

Ma per lo meno ho avuto modo di conoscere un vero figlio di puttana made in Catalunya. 

Vi elenco invece con un certo piglio vendicativo i cinque masterpieces del mondo Tinder,  con i quali ho avuto il piacere di passare ore liete.

Con nessuno di questi ho avuto un intercorso sessuale, come è ovvio, ma non importa, perché non è assolutamente il tema con cui vi voglio intrattenere. Non mi permetterei mai di mettere alla berlina le altrui prestazioni, anche perché, spesse volte, non mi hanno marcata a fuoco.

No, mi limito solo ad una breve, ma incisiva, carrellata.

  1. Quello che viene all’appuntamento con la tuta da lavoro, e vabbè, aveva fretta, ma sopratutto si presenta con il padre e il migliore amico, perché lui è timido
  2. Quello che è stato lasciato dalla moglie perché ha preferito unirsi ad una setta semi satanica con sede segretissima a Tarragona, piuttosto che seguire una vita con lui.
  3. Quello che vive con la figlia Carola, quindicenne gelosa e disturbata mentale, che gli controlla i messaggi e lo segue e quindi non preoccuparti se ogni tanto ricevi delle minacce di morte. E poi all’improvviso, durante l’appuntamento, compare la figlia Carola che in confronto Carrie lo sguardo di Satana poteva solo accompagnarla a scuola
  4. Quello che nel profilo virtuale millanta di essere alto 1.80, quando invece è uno di quelli che su Ryan Air stanno comodissimi
  5. Quello che ha preso appuntamento con te, ma anche, con l’agenzia immobiliare e quindi ti chiede di accompagnarlo a vedere sei appartamenti, non per montare un’allegra orgia dal retrogusto edile, bensì perché “lo sai come siamo messi a Barcellona con gli affitti non puoi sgarrare”. Che però è bello come un Dio, e quindi tu ci vai. (Ho mollato al terzo appartamento. Che tra l’altro a me piaceva e a lui no).

E ora?

Ora sono innamorata di chi se lo merita davvero.

Di un Valentino Rossi.

Di un Eddie Vedder.

Ogni volta dell’attore principale della serie per la quale perdo il sonno, di tutto il cast di Netfix, praticamente.

E di un fiume di inchiostro, ormai in secca, che ha nome e volto, ma non ha spazio, cuore e tempo per me. E ne siamo entrambi perfettamente edotti.

Ma no, non è colpa di mia mamma, santa donna, che è ad oggi la mia unica vera ancora di salvezza.

Non è colpa del mio ex marito, che, in fondo, il giorno del mio matrimonio resta ancora il più bello della mia vita.

Non è colpa del pazzo, che l’avevo capito subito che era erba cattiva, ma come ogni brava femmina babbalea, ho sentito la necessità impellente di farmi stregona e infermiera, quando è arcinoto che per quelle cose lì, funziona solo la chimica prescritta a dovere.

Non è colpa nemmeno di tutte le romantiche referenze letterarie, né delle più bieche referenze pornografiche, delle quali riempio le mie stucchevoli avventure oniriche.

E nemmeno di chi mi dice che valgo, spingendomi ad alzare sempre di più l’asticella del necessario e a non dare possibilità a chi, senza dubbio alcuno, se le merita. E a chi, tardivamente, chiedo perdono.

E di chi è colpa allora?

Ma è ovvio.

50% colpa di Hollywood.

Di Notting Hill, di Bridget Jones, di Elizabethtown, del Principe delle maree, di Come eravamo, di Dirty Dancing. Ma soprattutto di Ufficiale Gentiluomo. Soprattutto. A morte Zack Mayo.

E l’altro 50%?

Fanculo, del mare di inverno.

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